La riforma relativa alla preclusione al rito abbreviato in caso di reati puniti con l’ergastolo

Di Mario Scialla
Rito abbreviato

La riforma relativa alla preclusione al rito abbreviato in caso di reati puniti con l’ergastolo

La legge 12 aprile 2019 n. 33, pur riguardando l’intera disciplina del rito abbreviato, si riferisce in realtà ad un solo aspetto e cioè la possibilità, che viene ad essere esclusa, di accedere al rito abbreviato quando l’accusa riguarda reati puniti con l’ergastolo. Il nuova comma 1 –bis dell’art 438 c.p.p., non ammettendo più il giudizio abbreviato per i delitti per i quali la legge prevede la pena dell’ergastolo, non fa riferimento solo all’omicidio aggravato, come siamo naturalmente portati a pensare, ma si estende anche ai delitti di devastazione, saccheggio, strage e le ipotesi aggravate di sequestro di persona.

E’ un intervento niente affatto di nicchia ed il legislatore ha chiarito che la riforma opera solo con riferimento ai fatti commessi successivamente all’entrata in vigore della norma. Di una qualche rilevanza è anche il comma 6 ter dell’art. 438 c.p.p. che prevede che in caso di inammissibilità della richiesta di rito abbreviato, dichiarata in udienza preliminare in base al comma 1- bis, il giudice all’esito del dibattimento applica, ove ritenga che il fatto non è punito con l’ergastolo, la riduzione di pena connessa.

Ne deriva che la contestazione di un delitto punito con l’ergastolo, non operata correttamente dal Pubblico Ministero, perché non supportata da validi elementi di prova che reggano il vaglio dibattimentale, comporterà la trattazione di tutto il dibattimento prima che il giudicante, al momento di comminare la condanna, ritenuta la commissione di un diverso reato, conceda lo sconto di pena con rilevante pregiudizio, in termini di aggravio di attività, per la macchina della giustizia e di sofferenze per l’imputato.

Negli ultimi anni si era individuato uno dei motivi di crisi del sistema giustizia nello scarso utilizzo dei riti alternativi al punto che, per riequilibrare numeri e valori, si era scelta la strada della deflazione. Nel 2016 i procedimenti definiti con il rito abbreviato sono stati il 17% mentre nel 2017 sono saliti al 21%. I procedimenti per delitti puniti con l’ergastolo definiti con rito abbreviato nel 2016 sono stati il 68% e nel 2017 ben il 79%. La nuova norma comporterà che la difesa, quand’anche sia convinta dell’inutilità del dibattimento, magari a fronte dell’evidenza della prova portata dall’accusa, ciononostante dovrà difendersi in quell’esclusivo ambito e non è ipotizzabile e neppure ammissibile che processi di tale consistenza ed importanza possano essere affrontati dal difensore in maniera remissiva.

Ne conseguirà, quindi, un sensibile aumento delle attività processuali complessive e l’impiego di ulteriori rilevanti risorse che andranno ad innalzare i tempi di trattazione generale, a scapito anche di tutti gli altri processi. Il processo diviene così in primis e forzatamente, uno strumento di contrasto alla criminalità (non potendosi celebrare il rito abbreviato) e solo in subordine di accertamento della verità.

La riforma non ha tenuto conto dai pareri dei tecnici che, a cominciare dalla magistratura e dall’avvocatura associata – prima fra tutte l’Unione delle Camere Penali Italiane – per finire all’accademia, avevano ammonito circa l’inutilità di un tale intervento che avrebbe forse pure impressionato e dissuaso taluno ma che avrebbe anche introdotto, però, una insanabile incompatibilità tra la pena perpetua ed il principio costituzionale per cui la sanzione deve essere orientata al reinserimento e recupero del condannato nella società. In buona sostanza per dimostrare, a torto o a ragione, la forza dello Stato si rischia di smarrire il senso più profondo dell’amministrazione della giustizia penale.

Avv. Mario Scialla – Foro di Roma ( Articolo pubblicato sulla rivista di Cassa Forense CFnews.it)