Prefazione al libro "Tavola delle prove legali"

Di Mario Scialla

Prefazione al libro “Tavola delle prove legali”

Che Gennaro Francione, dopo tanti anni di impegno nella magistratura e nella professione, nei quali ha dato e sta dando tanto, direi il meglio di sé, decidesse di scrivere un libro che si dedicasse al processo penale ed alle prove scientifiche, c’era da aspettarselo e finanche da augurarselo.

Tanta preparazione ed una approfondita conoscenza della materia non dovevano rimanere patrimonio di una sola persona ma era bene che le sue idee e le sue competenze venissero estese anche agli altri, soprattutto ai tanti Colleghi che sicuramente leggeranno queste pagine e ne trarranno un prezioso aiuto in una materia delicata ed in grande espansione.
Già come Consigliere Segretario dell’Ordine degli Avvocati di Roma e Responsabile della Commissione Consiliare di Procedura Penale, avevo avvertito, da almeno un paio di anni, la forte esigenza di tracciare, con i Colleghi che supportano con tanto impegno il Consiglio, questi argomenti e fissare alcuni punti di riflessione emersi proprio nei convegni nei quali, su tali aspetti, si era speso tanto ed assai bene Gennaro Francione.

Gli incontri, i dibattiti e le relazioni che avevo ascoltato su questi temi mi avevano indotto a pensare che fosse necessario e sicuramente utile per gli Avvocati, confrontarsi su tali aspetti nevralgici del processo penale italiano, scandargliene l’intima essenza, senza però limitarsi a mere ipotesi o semplici critiche ma creando un vero e proprio “antidoto” a quella che rischia di essere una deriva della giustizia che, talora, in mancanza d’altro, rischia di valorizzare eccessivamente l’indizio, fino a farlo assurgere, erroneamente, al rango di prova.

Certamente senza essere in possesso delle conoscenze dell’autore e ben lontano dalla sua competenza, avrei voluto raccogliere gli spunti e le riflessioni migliori dei Convegni e con l’ausilio della Commissione creare un quaderno ma lo scoppio della pandemia ci ha costretti a pensare esclusivamente all’ordinario, senza dedicarci ai grandi temi e poter lavorare in prospettiva.

Immaginate così con quanta gioia ho appreso della nascita di questo libro e che Gennaro, invece, ce l’aveva fatta, trasmettendo anche a coloro i quali hanno partecipato alla stesura del testo, quella “carica” emotiva che necessariamente deve ispirare ogni autore di opere.

Ma soprattutto sono rimasto enormemente felice ed appagato nel verificare che tanto ragionare ed argomentare aveva portato a colmare la lacuna che rischia di stritolare la giustizia, elaborando “quell’antidoto” di cui sopra avevo evidenziato l’esigenza, rappresentato proprio dalla “Tavola delle prove legali”, strumento indispensabile per la ricerca della migliore giustizia processuale possibile, quella che, adottando esclusivamente il contraddittorio come unico metodo nella formazione della prova, riducesse il più possibile i rischi di addivenire ad una sentenza errata.
Poichè questo è il giusto approccio al processo, in ogni caso, certamente il migliore, possiamo sperare che divenga patrimonio comune la consapevolezza che la conoscenza in genere e la ricerca della prova in particolare, incontra dei limiti che non devono però indurre chi rappresenta l’accusa a “caricare a testa bassa” per ovviare a tale inconveniente, rimanendo tetragono a quelle che sono le emergenze processuali, ove magari siano pro reo.

Occorre ricordarsi, invece, dell’importanza dell’a ticolo 358 del codi e di procedura penale che impone al Pubblico Ministero di svo acce enti su fatti e circostanze a favore della persona sottoposta alle indagini.

L’imputato, infatti, non sempre è in condizione di sapersi difendere e permettersi un valente avvocato e quindi proprio a maggior tutela di chi non abbia i mezzi per avere una adeguata difesa tecnica, il processo deve essere ed apparire un meccanismo perfetto ove ad un eventuale giudizio di colpevolezza si pervenga attraverso prove incontrovertibili e non tramite “scorciatoie”, quali possano essere una erronea valutazione del silenzio dell’imputato o della sua incapacità, magari per i motivi che abbiamo evidenziato pocanzi, a contribuire alla spiegazione di quanto avvenuto.

Se cominceranno a farsi strada, tra gli operatori della giustizia, i principi contenuti nella “tavola delle prove legali” si arriverà forse, finalmente, a quella tanto agognata parità tra accusa e difesa, con largo spazio alla controprova ed alla disamina di soluzioni alternative, per giungere con certezza all’attribuzione di un fatto, prediligendo I’ episteme, quale frutto della conoscenza certa e dimostrabile, rispetto alla doxa, influenzata dal sistema indiziario, che consente la ricostruzione degli avvenimenti anche con il ricorso alla prova indiziaria e sulla base delle percezioni personali.

Insomma si avrebbe probabilmente un processo più “democratico” ed a dimensione dell’uomo qualunque, quello che più di altri incappa nella giustizia penale che ancora oggi, talora, con i suoi automatismi e la necessità di fare presto, rischia di stritolarlo.

Non deve essere un caso, quindi, la scelta del titolo che evidentemente ribadisce, ove ce ne fosse ancora bisogno, in un paese come il nostro che su questi grandi temi opera a “passo di gambero”, la necessità di offrire a tutti e soprattutto agli Avvocati, in funzione del ministero che esercitano, gli strumenti per addivenire ad una difesa effettiva, nel pieno rispetto della legge interna di rango costituzionale e della normativa sovranazionale.